CONTRIBUTI ALLA VERITÀ: dai documenti del comitato pro Fioravanti - Mambro
TRE PUNTI DELL'ACCUSA
L’accusa che ha portato Valerio Fioravanti e Francesca Mambro
all'ergastolo quali esecutori materiali della strage di Bologna si
articola sostanzialmente in tre punti:
- la mancanza di un alibi;
- la testimonianza di Massimo Sparti;
- il depistaggio della valigia sul treno Taranto - Milano.
Per capire quale fondamento abbia l'impianto accusatorio, occorre analizzare questi punti in dettaglio.
La mancanza di un alibi:
Il 2 agosto 1980 Valerio Fioravanti e Francesca Mambro sono dei
latitanti su cui pendono numerosi ordini di cattura che, dunque, devono
spostarsi facendo attenzione a lasciar il minor numero di tracce
possibile. E comunque accertato che la mattina del 2 agosto Fioravanti e
Mambro si trovano a Treviso, a casa di Flavia Sbrojavacca, fidanzata di
Gilberto Cavallini, anch'egli dei NAR. La madre della ragazza
confermerà che nei primi giorni di quell'agosto soggiornava a Treviso
"Chiara", nome di copertura di Francesca Mambro. Non ricorda la presenza
di "Riccardo" (Fioravanti), ma poiché sa che i due stavano sempre
insieme, ammette la possibilità che ci fosse anche lui. Successivamente,
sarà la stessa Flavia Sbrojavacca a verbalizzare di fronte ai
magistrati che il 2 agosto Fioravanti e la Mambro, insieme a Cavallini,
sono usciti di casa verso le 8 e 30, per far ritorno a pranzo.
Nuovamente interrogata, la madre sostiene di non ricordare con
esattezza, senza però ritrattare la sua deposizione iniziale. Nessun
Tribunale procederà a mettere a confronto le due testimonianze: e
sebbene l'accusa sostenga che la madre non conferma l'alibi, e che la
figlia mente, non è mai stato intrapreso nessun procedimento per falsa
testimonianza nei confronti di quest'ultima.
Fioravanti e Mambro sostengono di aver trascorso la mattinata della
strage a Padova, insieme a Cavallini e a Luigi Ciavardini, un altro
esponente dei NAR. Al di là di alcune discrepanze di scarso rilievo (il
colore della macchina usata per la gita, la piazza di Padova in cui si
teneva il mercatino, il luogo in cui avrebbero appreso della strage),
Cavallini e Ciavardini confermeranno sempre questa versione dei fatti,
legando il loro destino processuale a quello di Fioravanti e Mambro.
Tuttavia, mentre su Ciavardini pende l'accusa di essere un ulteriore
esecutore materiale della strage (da giudicare con procedimento
separato, perché minorenne all'epoca del fatto), per Cavallini l'accusa
ha solo Normalizzato l'accusa di banda armata.
La circostanza della gita a Padova viene infine confermata, se pur
indirettamente, da Stefano Soderini e Cristiano Fioravanti, due pentiti
dei NAR, i quali hanno dichiarato che la sera del 5 agosto, nel corso di
una cena, Francesca Mambro (allorché già le indagini erano
pubblicamente indirizzate contro di loro) avrebbe espresso le
preoccupazioni sul proprio alibi, raccontando appunto di essersi
trovata, quella mattina, a Padova insieme a Valerio Fioravanti, e
Cavallini e Ciavardini.
La testimonianza di Massimo Sparti:
Massimo Sparti è un balordo legato alla delinquenza romana e
probabilmente alla Banda della Magliana. Per lui ha molta simpatia
Cristiano Fioravanti che lo considera un po' un secondo padre;
circostanza questa più volte ricordata in numerosi interrogatori, nei
quali si sottolinea, di contro, la diffidenza e l'avversità nutrita
verso Sparti dal fratello di Cristiano Fioravanti, Valerio.
Arrestato nell'aprile 1981, Sparti dichiara agli inquirenti che il 4
agosto 1980, due giomi dopo la strage, Valerio Fioravanti e Francesca
Mambro si sarebbero recati da lui per chiedergli dei documenti falsi per
la ragazza, perché temeva che qualcuno l'avesse riconosciuta a Bologna.
Commentando l'eccidio, Fioravanti avrebbe inoltre esclamato: "Hai visto
che botto?!", aggiungendo di non essere preoccupato per se in quanto
era camuffato da turista tedesco, con il tipico vestito di cuoio ed il
cappello con la piuma. Sparti completa la sua dichiarazione affermando
di aver consegnato i documenti a Fioravanti il giorno successivo, sempre
a casa sua.
A parte l'illogicità di chiedere aiuto ad una persona della quale si
diffida (specie quando si è commessa una strage per conto o con la
protezione della P2, e quando, per di più, all'interno dei NAR era
proprio Cavallini lo specialista in documenti falsi), Fioravanti e
Mambro sostengono che l'incontro con Sparti avvenne di fatto tra il
marzo e l'aprile 1980, quando i due si sarebbero recati a casa sua
cercando Cristiano.
D'altra parte, esistono delle testimonianze per mettere in dubbio il
fatto stesso che il 4 agosto 1980 Massimo Sparti era in vacanza a Cura
di Vetralla, da cui non si sarebbe mai assestato; la domestica di casa
Sparti, per parte sua, ha confermato, affermando di aver raggiunto la
famiglia Sparti a Cura di Vetralla il 3 agosto e di aver trascorso sia
il 4 che il 5 agosto con Massimo Sparti. C'è poi Cristiano Fioravanti,
il quale, uscito dal carcere proprio il 2 agosto, confermerà di essersi
recato da Sparti e aver trovato solo la domestica.
Pure significativo è l'accenno alla richiesta di documenti falsi. Dei
documenti furono effettivamente procurati da Sparti, ma non in agosto
per Valerio Fioravanti, bensì in settembre per Cristiano Fioravanti, che
li doveva fornire a sua volta a Gabriele Adinolfi e Roberto Fiore,
dirigenti di Terza Posizione. Questa circostanza viene confermata dallo
stesso Cristiano Fioravanti, dall'altro pentito dei NAR, Stefano
Soderini, nonché dallo stesso falsario che si occupò dei documenti,
Fausto De Vecchi, il quale afferma che i documenti erano per due persone
diverse (dunque non solo per la Mambro) e che nessuna di queste era una
donna.
Resta infine da chiedersi: come mai né Sparti né De Vecchi siano mai
stati processati (e dunque eventualmente condannati) per i documenti
falsi che sostengono di aver fornito e, per quanto riguarda Sparti, per.
altri reati commessi nel corso delle sue deposizioni; come mai egli sia
stato scarcerato nel febbraio 1982 perché in "imminente pericolo di
vita", quando a dodici anni di distanza gode ancora di ottima salute;
come mai, trattandosi di un testimone così prezioso, che dice di essere
stato più volte minacciato da Fioravanti e dalla Mambro, egli non sia
stato sottoposto ad alcuna misura di protezione, ma anzi sia potuto
tornare indisturbato alla sua attivit�E0… criminale (vedi gli arresti
del 1986 e del 1992).
Il depistaggio della valigia sul treno Taranto - Milano:
Tra i tanti personaggi che hanno inquinato le indagini sulla strage, il
più rilevante è indubbiamente quello organizzato da Musumeci e Belmonte,
ufficiali piduisti del SISMI, che con informativa riservata, il 13
gennaio 1981, fanno rinvenire sul treno Taranto - Milano una valigia che
contiene tra l'altro: dei barattoli di conserva, pieni di esplosivo
simile a quello utilizzato per la strage di Bologna, due mitra MAB, dei
giornali francesi e tedeschi, nonché due biglietti aerei intestati ad un
francese e ad un tedesco per voli Parigi e Monaco in partenza da
Linate.
Neanche un mese dopo, il 7 febbraio, un'informativa SISMI indicava come
acquirente del biglietto Giorgio Vale, esponente dei NAR, che, si dice,
sarebbe incaricato dei contatti tra Terza Posizione, il gruppo francese
FANE e il gruppo tedesco Hoffman. In una nota successiva (24/2/81), a
firma del Gen. Santovito, conferma l'acquisto da parte di Vale e
l'esistenza di una pista italo - franco - tedesca, che coinvolgerebbe
inoltre Freda, Ventura, Delle Chiaie. La nota conclude facendo
riferimento alla partecipazione di Vale alla sparatoria avvenuta il 5
febbraio 1981 a Padova, in cui morirono due Carabinieri e restò ferito
Valerio Fioravanti, arrestato poi dopo poche ore.
Dai nominativi delle prenotazioni dei voli in partenza da Linate per
Parigi e Monaco emergono i cognomi "Bottacin" e "Fioravanti" (sic), che,
tuttavia, non hanno mai preso quei voli. Bottacin è un nome falso
utilizzato da Cavallini fino a tutto il novembre 1980, come risulta
dalla carta di identità da lui lasciata nelle mani del Brigadiere
Lucarelli prima di ucciderlo.
C'è ancora la questione di uno dei due mitra MAB, che gli inquirenti
hanno rintracciato senza difficoltà come proveniente dall'arsenale della
Banda della Magliana.
La sentenza di primo grado afferma che "Alcuni elementi delle
informative potevano sembrare pregiudizievoli per i NAR", concludendo
che, se lo scopo era quello di proteggerli, "coinvolgendo i NAR si era
commessa una gaffe clamorosa" (p. 1343). Quanto a Musumeci e Belmonte,
condannati a Roma con sentenza definitiva per peculato, nonostante siano
imputati a Bologna per il depistaggio non sono stati mai sottoposti ad
alcun provvedimento restrittivo.
Roma 20/7/1994
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