Anni 1980

- Piersanti Mattarella (6 gennaio 1980), presidente della Regione Siciliana. In quella domenica a Palermo, non appena entrato in una Fiat 132 insieme con la moglie, i due figli e la suocera per andare a messa, si avvicinò un sicario al finestrino e lo freddò a colpi di pistola. A ordinare la sua uccisione fu Salvatore Riina e la Cupola, perché Mattarella aveva incominciato a contrastare l'ex sindaco Vito Ciancimino per un suo rientro nel partito con incarichi direttivi[58][59]. Nel 1995 vennero condannati all'ergastolo i mandanti dell'omicidio Mattarella: i delinquenti mafiosi Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nenè Geraci.[60]
- Emanuele Basile (4 maggio 1980), capitano dei Carabinieri. Nel 1992 Riina venne condannato in contumacia all'ergastolo insieme al delinquente Francesco Madonia, per l'assassinio di Basile.[61]
- Gaetano Costa (6 agosto 1980), procuratore capo di Palermo ucciso a 3 pallottole da 2 sicari del capo palermitano Salvatore Inzerillo[62]. La motivazione dell'uccisione Costa, è quello che lui firmò mandati d'arresto contro gli Inzerillo-Spatola per narcotraffico.
- Vito Lipari (13 agosto 1980), sindaco DC di Castelvetrano (TP)[63].
- Carmelo Iannì (28 agosto 1980), imprenditore. Ucciso come rappresaglia per aver permesso ad alcuni poliziotti di infiltrarsi nel suo albergo ed arrestare il boss Gerlando Alberti[64].
- Fra Giacinto, al secolo Stefano Castronovo (6 settembre 1980), frate del convento palermitano di Santa Maria di Gesù con legami con il mafioso Stefano Bontate, dello schieramento perdente.
- Giuseppe Inzerillo (12 giugno 1981), figlio 17enne del boss Salvatore Inzerillo mutilato e ucciso dall'avversario capo Salvatore Riina per evitare che Giuseppe vendicasse l'omicidio del padre.
- Angelo di Bartolo (5 agosto 1981) fu una vittime innocente che rimase coinvolta in una sparatoria tra cosa nostra e la stidda
- Vito Ievolella (Benevento, 4 dicembre 1929 – Palermo, 10 settembre 1981), maresciallo dei carabinieri di Palermo[65].
- Sebastiano Bosio (6 novembre 1981), medico, docente universitario[66].
- Onofrio Valvola (25 dicembre 1981), pensionato, ucciso da una pallottola vagante durante una sparatoria dei Corleonesi contro i suoi rivali a Bagheria[67].
- Alfredo Agosta (18 marzo 1982), maresciallo dei carabinieri di Catania del Nucleo di Polizia Giudiziaria dei Carabinieri del Tribunale di Catania. Molto noto nella città dove operava per essere un investigatore scrupoloso e preparato[68].
- Pio La Torre (30 aprile 1982), segretario del PCI siciliano[69].
- Rosario Di Salvo (30 aprile 1982), autista e uomo di fiducia di Pio La Torre[69].
- Gennaro Musella (3 maggio 1982), imprenditore[70].
- Rodolfo Buscemi e il cognato Matteo Rizzuto (24 maggio 1982), uccisi perché Rodolfo stava indagando sull'omicidio del fratello Salvatore[71].
- Antonino Peri (6 giugno 1982), autotrasportatore ed ex carabiniere[72].

- Strage della circonvallazione (16 giugno 1982): Salvatore Raiti, Silvano Franzolin, Luigi Di Barca e Giuseppe Di Lavore, carabinieri, e Alfio Ferlito, boss di Catania, uccisi a colpi di fucile AK-47 dai killer del boss Nitto Santapaola, che mirava a prendere il posto di Ferlito[73].
- Antonino Burrafato (29 giugno 1982), Vice Brigadiere di Polizia, si stava apprestando ad andare al lavoro. Giunto a piazza Sant'Antonio alle ore 15.30 a poche decine di metri dal carcere, un commando di quattro uomini lo uccise usando esclusivamente armi corte[74].
- Paolo Giaccone (11 agosto 1982), medico legale[75].
- Giovanni Gambino (19 agosto 1982), imprenditore nel settore alimentare, ucciso perché voleva denunciare i suoi estorsori[76].
- Vincenzo Spinelli (30 agosto 1982), imprenditore tessile ucciso per essersi rifiutato di pagare il pizzo[77][78].
- Strage di via Carini (3 settembre 1982): Carlo Alberto dalla Chiesa, generale dei Carabinieri e prefetto del capoluogo siciliano; Emanuela Setti Carraro, moglie di dalla Chiesa, e Domenico Russo, agente di polizia, uccisi brutalmente mentre andavano a cena a Mondello[79].
- Benedetto Buscetta e Antonio Buscetta (11 settembre 1982), figli del pentito Tommaso Buscetta di 34 e 32 anni. I due giovani vennero rapiti poi torturati e strangolati da Pippo Calò, Salvatore Cancemi e altri mafiosi che volevano scoprire dove si fosse rifugiato il boss; i cadaveri furono poi bruciati e mai più ritrovati.
- Calogero Zucchetto (14 novembre 1982), agente di polizia della squadra mobile di Palermo[80].
- Giuseppe Genova e Orazio D'Amico (26 dicembre 1982), cognato e nipote di Buscetta.
- Vincenzo Buscetta (29 dicembre 1982), fratello del pentito Tommaso Buscetta.
- Giangiacomo Ciaccio Montalto (26 gennaio 1983), magistrato di punta di Trapani[81].
- Mario D'Aleo (13 giugno 1983), capitano dei carabinieri[82].
- Giuseppe Bommarito (13 giugno 1983), carabiniere[82].
- Pietro Morici (13 giugno 1983), carabiniere[82].
- Strage di via Pipitone (29 luglio 1983): Rocco Chinnici, capo dell'ufficio istruzione del Tribunale di Palermo; Salvatore Bartolotta, carabiniere; Mario Trapassi, maresciallo dei carabinieri; Stefano Li Sacchi, portinaio di casa Chinnici, uccisi dallo scoppio di un'autobomba, che provocò anche gravi danni alla facciata del palazzo adiacente.

- Rosalia Pipitone (23 settembre 1983), uccisa per ordine del padre Antonino, boss mafioso dell'Arenella, perché voleva separarsi dal marito[83].
- Simone Di Trapani (24 settembre 1983), lontano cugino e amico di Rosalia Pipitone[84].
- Salvatore Zangara (8 ottobre 1983), titolare di un laboratorio di analisi, ucciso per errore in uno scontro a fuoco tra mafiosi[85].
- Giuseppe Fava (5 gennaio 1984), giornalista ucciso con cinque colpi di pistola per ordine del boss catanese Benedetto Santapaola.
- Salvatore Anselmo (12 novembre 1984), delinquente mafioso pentito assassinato. Nel processo del 5 luglio 1994 è stato condannato all'ergastolo Salvatore Riina.[86]
- Mario Coniglio (14 novembre 1984), macellaio, Coniglio aveva 55 anni quando fu massacrato dentro la sua bottega di via degli Emiri alla Zisa, a sparare contro l'ambulante furono due sicari con il volto coperto, a bordo di un vespone. Testimone uno dei figli che si trovava accanto a lui mentre veniva ucciso. La sentenza ha riconosciuto la colpevolezza del padre di Ganci, Raffaele, boss del quartiere della Noce, e di Domenico Guglielmini, entrambi condannati a 30 anni di reclusione; confermata anche la condanna a 10 anni per il pentito Antonio Galliano, che aveva sempre negato il proprio coinvolgimento. Nel processo del 5 luglio 1994 è stato condannato all'ergastolo Salvatore Riina.[86]
- Leonardo Vitale (2 dicembre 1984), delinquente mafioso pentito. Vitale venne assassinato una domenica mattina con due colpi di lupara alla testa sparati da un uomo non identificato che lo raggiunse all'uscita dalla chiesa dei Cappuccini di Palermo mentre era in compagnia della madre[87]. Nel processo del 5 luglio 1994 è stato condannato all'ergastolo Salvatore Riina.[86]
- Pietro Busetta (7 dicembre 1984), imprenditore e maestro decoratore. Vittima innocente, ucciso solo per essere cognato di Buscetta[88], il cognome simile è solo un gioco del destino. Nel processo del 5 luglio 1994 è stato condannato all'ergastolo Salvatore Riina.[86]
- Strage del Rapido 904 (23 dicembre 1984): 16 persone rimangono uccise a causa di un attentato dinamitardo avvenuto nella galleria dell'Appennino[89].
- Roberto Parisi (23 febbraio 1985), imprenditore e presidente del Palermo calcio, assieme al suo autista Giuseppe Mangano[90].
- Pietro Patti (28 febbraio 1985), imprenditore. Rimase ferita anche la figlia Gaia di nove anni[91].
- Giovanni Carbone (13 marzo 1985), imprenditore edile, ucciso per essersi ribellato al racket[92].
- Strage di Pizzolungo (2 aprile 1985): Barbara Rizzo in Asta, signora morta nell'attentato con autobomba contro il sostituto procuratore Carlo Palermo, salvatosi miracolosamente; morti anche Giuseppe e Salvatore Asta, i due figli gemelli di 6 anni della donna[93].
- Giuseppe Spada (14 giugno 1985), imprenditore[94].
- Beppe Montana (28 luglio 1985), capo della Catturandi della Questura di Palermo. Di ritorno da una gita in mare quando mette piede a terra, viene assassinato a colpi di rivoltella, dritto in faccia, da Giuseppe Lucchese[95]. Il 17 febbraio 1995 la Corte di Assise di Palermo ha condannato i mandanti dell'assassinio Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Francesco Madonia e Bernardo Provenzano, vengono condannati all'ergastolo.
- Ninni Cassarà (6 agosto 1985), dirigente della squadra mobile di Palermo, e il suo collega Roberto Antiochia, agente di polizia. Nel primo pomeriggio il vicequestore Cassarà stava rientrando a casa, insieme a tre collaboratori. Quando l'Alfetta blindata con i quattro poliziotti entrò nel cortile del palazzo, dall’ammezzato di un edificio di fronte, una decina di delinquenti mafiosi armati di Kalashnikov fecero fuoco. Il vicequestore Cassarà e l’agente Antiochia morirono sul colpo, falciati da decine di proiettili. Un terzo agente venne gravemente ferito. Il quarto agente, l’assistente Natale Mondo, si salvò per miracolo riparandosi sotto alla vettura[96]. Il 17 febbraio 1995, i mandanti dell'assassinio Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Francesco Madonia e Bernardo Provenzano, furono condannati all'ergastolo.
- Graziella Campagna (12 dicembre 1985), diciassettenne di Saponara (ME) che aveva riconosciuto due latitanti[97].
- Giovanni Giordano (15 gennaio 1986), ucciso perché conosceva il nascondiglio di un boss latitante[98].
- Giuseppe Pillari (31 gennaio 1986), bracciante di 50 anni, ucciso perché era il testimone di un omicidio commesso da esponenti di Cosa nostra[99].
- Claudio Domino (7 ottobre 1986), bambino di 11 anni che stava passeggiando nel quartiere di San Lorenzo a Palermo. Venne ucciso con un colpo di arma da fuoco a bruciapelo da un sicario in motocicletta. Cosa Nostra attraverso le gabbie del bunker del carcere de L'Ucciardone, avendolo concordato prima, fece leggere a Giovanni Bontate, fratello di Stefano Bontate (anche lui poi ucciso) un comunicato che condannava tale omicidio e che non attribuiva origini mafiose (Per tale comunicato pentiti quali Francesco Marino Mannoia e Giovanni Brusca hanno riferito che Giovanni Bontate fu ucciso l'anno seguente, avendo indirettamente ammesso l'esistenza di Cosa Nostra con quel "Noi ...")[100].
- Giuseppe Insalaco (12 gennaio 1988), ex sindaco di Palermo[101].
- Natale Mondo, (14 gennaio 1988), agente di polizia scampato all'attentato in cui persero la vita Ninni Cassarà e Roberto Antiochia, venne ucciso perché si era infiltrato nelle cosche mafiose[102].
- Alberto Giacomelli (14 settembre 1988), ex magistrato in pensione[103].
- Antonino Saetta (25 settembre 1988), giudice ucciso con il figlio Stefano Saetta[104].
- Mauro Rostagno (26 settembre 1988), leader della comunità Saman per il recupero dei tossicodipendenti e giornalista, dai microfoni di una televisione locale faceva i nomi di capi mafia e di politici corrotti. Venne assassinato a Valderice (TP)[105].
- Giuseppe Montalbano (18 novembre 1988), medico, Camporeale, provincia di Palermo; ucciso perché il suo comportamento corretto dava "fastidio" ad un gregario di Giovanni Brusca che lavorava presso il comune di Camporeale[106].
- Carmelo Giallombardo (11 dicembre 1988), appuntato dei Carabinieri[107].
- Luigi Ranieri (14 dicembre 1988), imprenditore di 60 anni, ucciso perché non voleva assoggettarsi al sistema degli appalti controllato da Cosa nostra[108].
- Pietro Polara (27 febbraio 1989), commerciante di macchine agricole. Venne assassinato a Gela (CL)[109].
- Antonio D'Onufrio (16 marzo 1989), proprietario terriero a Ciaculli, allenatore di pallacanestro, marito e padre[110].
- Gianluigi Barletta (21 aprile 1989), bambino di 10 anni. Venne ferito alla gola durante una sparatoria[111] da un appartenente al clan Cappello[112].
- Vincenzo Puccio (11 maggio 1989), mafioso, assassino della famiglia di delinquenti di Ciaculli. Puccio è stato assassinato l'11 maggio 1989 mentre era detenuto al carcere dell'Ucciardone: il killer Giuseppe Marchese gli fracassò la testa nel sonno con un colpo di padella in ghisa. Ad ordinare l'omicidio fu Totò Riina perché Puccio si stava organizzando con alcuni picciotti per prendere il potere assoluto di Cosa nostra che era nelle mani di Riina.
- Giacomo Palazzolo (20 maggio 1989), strangolato da Giovanni Brusca, Antonino Madonia e Salvatore Biondino perché stava dando la caccia ai mafiosi latitanti.
- Paolo Vinci e Calogero Loria (11 luglio 1989), due ragazzi di 17 e 26 anni, uccisi per errore in un agguato mafioso[113].
- Antonino Agostino (5 agosto 1989), agente di polizia, e la moglie Ida Castelluccio, incinta di due mesi[114].
- Leonarda Cosentino, Vincenza Marino Mannoia e Lucia Cosentino (23 novembre 1989), rispettivamente madre, sorella e zia del pentito Francesco Marino Mannoia[115].
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